Cinquant’anni son passati.
Era il 1971 e in quell’anno videro la luce la Fiat 127 e l’Alfa Romeo Alfasud.
Due auto importanti per due fasce di consumatori diverse che hanno fatto cambiare idee a molti e che soprattutto l’Alfasud è ingiusto ricordarla solo per la sua cronica tendenza ad arrugginire in fretta.
Entrambe le vetture erano infatti caratterizzate dalla trazione anteriore. L’Alfa aveva un marcia in più nella tenuta di strada, la Fiat nel prezzo e nell’esperienza che la Casa torinese si era già fatta sul tema con la 128, nata due anni prima e altra vettura importante per il modulo costruttivo impostato tutto sull’anteriore che ha dato il via alla formula magica “piccola auto grande abitacolo”.
In quegli anni Fiat e Alfa Romeo erano Case automobilistiche importanti. Fiat produceva qualcosa come un milione e mezzo di vetture l’anno, ben più di Volkswagen e più del doppio di Peugeot; Alfa teneva testa a BMW.
L’offerta di Fiat andava oltre i 10 modelli; quella di Alfa oltre i cinque e quello che pochi ricordano è che entrambe vendevano bene e tanto su molti mercati esteri e avevano anche impianti produttivi fuori dai confini del Bel Paese con importanti accordi o presenze (Seat, Simca, Togliattingrad, Fnn…).
L’Alfasud disponeva di un raffinato motore a cilindri contrapposti definito boxer da 1196 cc nella prima versione con potenza da 73 cavalli SAE a 6 mila giri. L’avantreno era a schema McPherson e posteriormente c’era un assale rigido con molle elicoidali. La rivale 128 anch’essa dotata di un millecento ne aveva 55 di cavalli ma pesava meno, 805 kg contro gli 830 dell’Alfa. Lo schema delle sospensioni della 128 era più semplice. Come dimensioni l’Alfasud era lunga 389 cm, la Fiat 128 384 cm. L’Alfa era dotata di quattro dischi freno, la Fiat offriva invece un impianto misto, dischi all’avantreno e tamburi dietro. La posizione di guida dell’Alfa era più bassa ma sulla 128 si vedeva meglio anche perché all’epoca i montanti erano sottili quindi angoli ciechi ve ne erano meno. L’Alfasud consumava di più. La 128 andava di poco oltre i 140, l’Alfa sfondava facilmente la barriera dei 150 km/h. Da guidare, le due, erano due mondi paralleli e ben distanti. L’Alfa aveva il motore con coppia massima a 3500 giri e invitava a tirare le marce e tenere il motore allegro, la Fiat con una coppia massima più bassa a 3000 giri si guidava più come una Diesel, si buttavano dentro le marce e si cambiava svelti per farla andare svelta. Tra le due era un bel match: semplice la Torinese ma non per questo poco piacevole, più raffinata la milanese. L’Alfasud nacque a quattro marce come la stragrande maggioranza delle auto di allora, ma dopo poco ebbe la quinta. Ricordiamo che per avere una quinta marcia di serie sulle Mercedes si dovette attendere metà anni ottanta!
Quando nel 1971 l’Alfa presentò la Sud, la Fiat arrivò con la 127 che era più parca con una media dichiarata di oltre 14 chilometri con un litro di Super ma anche perché aveva un motore più piccino neanche da un litro di cilindrata ma molto generoso e che si rivelò anche molto longevo (il motore della 127 servì anche la Panda e le prime Uno). La 127 era anni luce avanti. La Fiat 127 era sì una costola della 128 ma che costola! Era più compatta, era la prima vera auto moderna come concezione carrozzeria-abitacolo. Tanto che la Golf che arrivò dopo, prese tanto da Lei e grazie solo alla caparbietà tedesca è diventata quello che è diventata: per quarant’anni è stata regina delle vendite e punto di riferimento per tutti. La 127 al contrario già negli anni ’80 fu abbandonata per delle eredi che…lasciamo perdere.
In quegli anni alcuni colleghi giornalisti che andarono alle presentazioni delle due italiane raccontavano che tra Torino e Milano non correva buon sangue perché la scelta dell’Alfa di scendere nel segmento delle auto popolari appannaggio di Fiat era vissuta come una vera e propria pugnalata alla schiena. Tanto che i torinesi godevano della prima serie dell’Alfasud prodotta con materiali poveri e con problemi notevoli di assemblaggio. Ma riconoscevano che il prodotto c’era tutto e che se fosse stato gestito meglio lo stabilimento produttivo, lo stoccaggio delle scocche che venivano lasciate all’aria salmastra per settimane prima di ricevere i trattamenti di verniciatura…l’Alfasud avrebbe creato un bel problema per tutti. La scelta del motore boxer piaceva perché permetteva di tenere basso il motore e quindi anche la carrozzeria. Inoltre anche il baricentro e quindi la tenuta di strada ne traevano beneficio. Ma per onestà non è una soluzione costruttiva molto vincente e non a caso sono solo due le Case automobilistiche che ancora oggi ci credono, Porsche e Subaru. Due Case con da sempre tanti paraocchi.
Tra gli annedoti meno noti, all'epoca i test dei giornalisti avvenivano con i collaudatori. Soprattutto in Fiat. L'Alfasud aveva pedali lunghi e stretti al contrario di quelli delle Fiat o anche delle altre Alfa. Proprio un collaudatore torinese criticava questa scelta perché diceva rendeva poco sicuro l'appoggio del piede. Quando il giornalista riportò il commento a un colaudatore Alfa questi rispose: "Le Alfa si guidano in punta di piedi, le altre (senza nominare le Fiat) anche con gli zoccoli olandesi perché non son cavalli ma muli."
Da allora di acqua sotto i ponti tanta ne è caduta.
Alfa Romeo allora occupava più di 40 mila persone, Fiat quasi 200 mila.
Oggi i numeri sono tanto diversi sia sul numero di modelli offerti dalle due Case automobilistiche sia sul numero degli impiegati.
Oggi sia Alfa Romeo sia Fiat non hanno più modelli illuminanti ma non è detto che questo sia un male perché non ve certezza di quale sia la strada giusta per la mobilità individuale di domani. Allora si era alla vigilia della crisi petrolifera dove si diceva che l’auto sarebbe morta perché non c’era petrolio per tutti. E si è visto che non era vero.
Ora il problema non è il petrolio ma l’ambiente. Si auspica un abbandono del petrolio per le fonti rinnovabili con l’auto elettrica protagonista. Auto elettrica che in molti casi torna a una costruzione dove la trazione anteriore viene messa in discussione e dove il peso del veicolo sembra non interessi più di tanto soprattutto se si considera che è cresciuto tre volte tanto rispetto all’Alfasud e alla 127. E con esso anche il costo.
Sempre più tecnici dell’auto sostengono che con l’elettrificazione il rischio vero è di un aumento del costo insostenibile per le fasce più deboli. All’epoca il costo della benzina salì alle stelle, si semplificava oggi si complica, ma a ben vedere sembra esserci un inversione dei poli ma l'obiettivo è sempre lo stesso: fare buone automobili.