In queste ore sono in tanti ad aver appreso dei contatti tra il colosso automobilistico coreano Hyundai e quello americano Apple.
Molti, compresa la finanza, si sono esaltati, con il titolo Hyundai che ha registrato un +20% per poi stabilizzarsi.
Ma non è questo il punto su cui si vuole aprire la riflessione, qui non si vuole stabilire se il progetto dell’automobile di Apple la farà Hyundai o se Hyundai vorrà fare di Kia la Apple car.
Qui si vuole comprendere perché si parlano e perché non sono i soli a farlo.
Negli ultimi cinque anni si è visto che se si stravolge-trasforma il soggetto automobile il business in gioco può quintuplicare perché fare un’auto con motore a combustione è patrimonio di pochi in quanto sofisticata e complicata come nessun altro oggetto e obbliga a circondarsi di tante professionalità; se al contrario è elettrica invece diventa tutto più facile e alla portata di tutti. Ed ecco perché tutti parlano con tutti e quindi tutti vogliono provare a giocare con le…automobiline!
Letto quanto sopra, molti potrebbero però domandarsi: ma perché allora l’Apple di turno non fa tutto da sé e che interesse ha nel dialogare con un Gruppo automobilistico?
I motivi sono diversi ma quello fondamentale riguarda la produzione. Chi non ha esperienze come Apple ha tutto l’interesse nel rivolgersi a chi ne ha come Hyundai e chi produce da parte sua ne ha perché può approfittare per modificare la sua struttura elefantiaca che se l’auto elettrica avrà la meglio non servirà più.
I “grandi” vedono come futuri soggetti protagonisti della mobilità per la massa su quattro ruote non più scatole a comando umano con motore termico complesse e costose da costruire bensì scatole con motore elettrico e a guida autonoma che non si possiedono ma si usano e che costa poco costruire. Attenzione: si è scritto da costruire non come costo finale, che quello viene tutto scaricato sugli acquirenti. Traduzione semplicistica: un Gruppo automobilistico importante, oggi, occupa 400 mila persone per fare 6-8-9 milioni di auto. Più o meno, stiamo parlando di Volkswagen, Stellantis, Toyota… Se partiranno le “scatolette”, uno di questi con sole 100 mila maestranze potrebbe anche fare 12-24 milioni di veicoli. E in più con guadagni sicuri e certi perché semplici assemblatori. Il bene avrà prezzi importanti perché elettrico e non tutti potranno sostenerlo ma c’è il potenziale della condivisione per renderlo accessibile. E c’è di più: se si faranno scatole a guida autonoma e a trazione elettrica, tutte le fabbriche dovranno essere riviste e quindi via libera a una robotica spinta quindi con pochissimo personale umano che oltre a incidere sui costi permette di aumentare o diminuire la produzione semplicemente girando una manopola. La partita che si sta insomma giocando ha risvolti su tantissimi fronti che toccano tutti e per questo tutti parlano con tutti.