La Dyane offriva quattro posti su sedili particolari e uniti, tanto spazio per le gambe ed una buona visibilità. Inoltre, la sua altezza da terra insieme al grande comfort assicurato dalla morbidezza delle sospensioni ne permettevano l’utilizzo anche su strade dissestate o addirittura laddove le strade non esistevano proprio. Su strade asfaltate, Dyane filava via liscia e "sicura", grazie alla sofistica sospensione interconnessa, morbida e precisa, coricandosi in curva ma senza mai staccare le ruote da terra e grazie ad una aerodinamica tutto sommato piuttosto curata, garantiva ottime medie anche in termini di velocità.
La meccanica, derivata da quella collaudatissima della 2CV, era straordinariamente solida: la trazione era anteriore, il motore boxer bicilindrico di 425 cc era raffreddato ad aria, l’accensione era comandata direttamente dall’albero a camme, l’alimentazione avveniva tramite un carburatore che sfruttava la ventola di raffreddamento per aumentare il volume d’aria immesso nei cilindri. Come sulla 2CV, in caso d’emergenza era possibile avviare il motore con una manovella esterna, da inserire nell’apposito foro sulla mascherina anteriore. Contrariamente alle aspettative, però, l’accoglienza in patria di questa Dyane (successivamente denominata Dyane4) fu piuttosto fredda. Secondo la stampa francese non offriva sufficienti motivi per giustificarne l’acquisto al posto della gloriosa 2CV, ormai diventata una sorta di “monumento nazionale” all’automobile francese. Fu la Filiale italiana del Marchio a trovare la soluzione al problema: dotare la Dyane di un motore più performante, quello della berlina compatta Ami6. Si trattava sempre di un bicilindrico ma di 602 cc, contro i 425 cc degli esemplari venduti al di là delle Alpi. La potenza (inizialmente 28 CV, poi 35 CV già nel 1969) spingeva la vettura a sfiorare i 120 chilometri all’ora, che si raggiungevano in quarta marcia ben al di sotto del regime massimo di rotazione del motore. Ma soprattutto dopo appena un anno dalla nascita il mondo cambiò con il sessantaotto e i giovani che volevano buttare tutto alle ortiche elessero la Dyane auto da accettare. La Mini era borghese la Dyane no; era come la R4, come la 500 rossa non certo blu. Erano anni in cui chi stava di qua non poteva stare di là, Dyane esclusa. E per questo visse a lungo e serena e ancora oggi tanti estimatori ha. Anche perché poi divenne pure l'auto dei romantici quelli con l'adesivo a forma di chitarra appicicato sul portellone e "sbadiglioni" che cantava quella maglietta fina.... E quanti ricordi: dai tasti sulla plancia alle bocchette dell'aria verticali, dalla leva del cambio al pedale dell'acceleratore dalla corta corsa tanto che si dava sempre giù tutto, dalle prima carezze ai primi baci...auguri Dyane. Auto futile e utile allo stesso tempo.