Se il vostro sogno è possedere un’auto da corsa con la targa, per andare anche su strada, con 155 mila euro più tasse, Dallara ha fatto qualcosa per voi.
Si chiama Stradale è può essere barchetta o sport prototipo con cupoletta sul genere Ferrari 512 di buona memoria.
Si può scegliere con cambio automatico robotizzato o manuale, sempre a sei rapporti. Getrag scatola e ingranaggi, Automac robotizzazione.
Il motore? Un 4 cilindri 2.3 Ford Ecoboost da 400 cavalli opportunamente rivisto che, subito anticipiamo, spinge sempre forte perché ha una coppia di 500 Nm da tre mila a cinque mila giri. Basamento e testa sono Ford, il turbo è stato modificato, sempre di Garret però è. L’intercooler? Presente, aria-aria.
Lunga poco più di quattro metri, esattamente 4185 mm, larga 1875 mm e alta poco più di un metro, la Dallara Stradale più la si guarda più colpisce, soprattutto se dotata di parabrezza-cupola con tergi dritto, come andava sulle vetture sport. La linea non è da togliere il fiato, poco convincono i gruppi ottici anteriori, decisamente meglio quelli posteriori che sono Audi. Intriganti i due convogliatori d’aria sull’anteriore; dietro la vettura è tutta chiusa e molto pulita.
Le portiere? Assenti!
Il peso? 855 kg a secco, ma soprattutto questa super sportiva offre un carico aerodinamico esagerato per andare più forte in curva a discapito della velocità massima, e con un’ala maestosa arriva a spingere oltre 820 kg alla velocità massima, così da permettere velocità in curva con accelerazione laterale superiore ai 2 g! E su ciò si presti grande attenzione: perché quest’auto è fatta per andare svelta in curva e tutto si è concentrato su ciò.
Provata sul circuito di Nardò e poi sulle strade tutt’altro che lisce della Puglia, della Dallara Stradale che raggiunge una velocità massima di 280 km/h e accelera da 0 a 100 in 3,25 secondi, c’è tanto da dire.
Innanzitutto su come si sale. Non ci sono le porte, bisogna scavalcare la murata della cellula in carbonio che pesa circa 100 kg, e poi calarsi dentro, sfruttando uno spazio dove poggiare il piede ricavato nella seduta. Tenendosi poi con le braccia, si fanno scivolare le gambe verso la pedaliera che è regolabile nella distanza attraverso una levetta e un movimento a molla. Quindi si cerca la posizione migliore del volante, anch’esso regolabile in altezza e profondità. Le cinture sono due. Si sta bassi ma comodi. Il volante è piccino, da 28 centimetri di diametro, giusto per avere un metro di paragone, quello di una BMW M3 è da 36. I comandi principali per indicatori direzione, fari e clacson sono raggruppati sul volante nella parte sinistra; su quella destra quelli per gestire le informazioni sul piccolo display montato sul piantone. Sul tunnel: accensione, tasto disattivazione ESP e più in alto le manopole del clima, non certo piacevoli come forma e comodità, seppur ricavate dal pieno. Ci si guarda intorno e manca raffinatezza nei dettagli, anzi non c’è assolutamente. Va bene che è una macchina da corsa, ma qualcosa di meglio si doveva fare. Non renderla barocca come una Pagani ma nemmeno così semplice. La pedaliera è alta e i piedi o meglio i tacchi poggiano su una specie di ballatoio, naturalmente in carbonio, che essendo stato verniciato è piuttosto scivoloso. Andrebbe bene per ballare il rock and roll perché permette scivolate pazzesche dei tacchi, non per quello che serve: dare stabilità agli arti inferiori per farli muovere svelti sui pedali. Ci vuole un rivestimento antiscivolo!
Si inizia in pista con la Stradale, con cambio robotizzato e dietro il volante Marco Apicella, ex pilota di F.1 ma anche sviluppatore-collaudatore Dallara. Noi sul sedile a fianco. Cosa più unica che rara, ma Apicella rientra nei pochissimi di cui ci si fida ciecamente. Come fossimo a fianco di Mario, Andretti, Jacky, Ickx e l'altro Jackie, Stewart, con cui ci siamo rivisti la scorsa settimana. Con Marco Apicella iniziano quindi i tre giri che ci spettano, di cui il secondo e metà del terzo, da non respirare! Mai vista un’auto con la targa andare così forte su curvoni da 240 e rotti all’ora. Si torna ai box. Si lascia Apicella e si sale su una Dallara Stradale tutta e solo per noi. Si fanno fare tre giri di lancette dei secondi per prendere fiato e ritrovare la concetrazione.
Indice sul tasto avviamento, breve pressione per dare vita all’elettronica. Poi rilascio e altra pressione per far muovere i 4 pistoni. L’avviamento del 4 cilindri Ford è silenzioso, niente motorino che frulla come sulle Ferrari. E anche al minimo poco rumore fa. La Stradale è stata omologata già Euro 6d e ha addirittura il filtro antiparticolato e forse sulla sonorità dello scarico il filtro antiparticolato ha contribuito a smorzare i toni. Si prova a dare due accelerate, a verificare la risposta dell’acceleratore. Non è reattivo il pedale come un motore Lamborghini aspirato, tutto nervi. Dentro la prima. Leggera pressione sull’acceleratore e la Stradale…non si muove. Si preme di più, allora ecco che la frizione si sveglia e si parte. Senza alcun singhiozzo. Seconda marcia, subito, terza, quarta e quinta. C’è un po’ di “raucedine” nei cambi marcia. Il rettilineo è lungo poi piega sulla sinistra. Dentro la sesta, altre marce non ve ne sono. Il motore sembra un diesel per quanta coppia ha ai bassi. Si segue la pista e si inizia a prendere confidenza. Si fa un giro piano, piano. Poi uno un po’ più veloce, ritardando l’ingresso, dando più sterzo e poi accelerando di brutto, per vedere come reagisce. Il circuito è quello di Nardò dell’handling, una pista maledettamente veloce con curvoni anche da oltre 200 all’ora. Subito si percepisce un retrotreno letteralmente granitico mentre l’avantreno è più morbido. Si sale un po’ di ritmo e la guida deve essere da chirurgo, anche perché se si sbaglia non ci sono vie di fuga. Oltre a far danni ci si fa male davvero. La Dallara Stradale fila sempre sulla traiettoria impostata e più si sale di velocità più schiaccia a terra le ruote aumentando il grip e facendo desiderare… la tuta antigravità. Si insiste un po’ di più e ci sono due uscite un po’ più lente e due leggeri scollinamenti. Qui l’avantreno e lo sterzo si vorrebbero rispettivamente un pochino più fermo e più diretto. I freni funzionano alla grande, ma la sensazione è che ci sia un impianto con un servofreno esagerato per il peso della vettura che può essere sopportato in pista ma non in strada. Il motore è un dispensatore di generosità che sopperisce anche quando concentrati sulla guida, non si è nel rapporto più corretto. Si ripassa sul rettilineo e si scaricano tutte le marce da cattivi. Si arriva in fondo a ben oltre i 200 km/h e si tiene giù, ma la traiettoria da fare richiede maestria e conoscenza, si arriva impiccati: si alleggerisce, si deve frenare con l’auto in pieno appoggio e grazie al carico e all’equilibrio della Dallara Stradale si riesce a uscire da una situazione non facile. Si attaccano quindi le curve in rapida successione con più determinazione e concetrazione sulle prestazioni, confidando che la stradale non è auto che tradisce o fa brutti scherzi. E così è. Si vorrebbe continuare la sua conoscenza ma non è più possibile. Rimane un po’ di amaro in bocca sulla direzionalità che si vorrebbe più precisa. Convincono le palette del cambio ancorate al volante, un po’ più di rifinitura sui passaggi marcia del robotizzato comunque bene ci starebbe. Sui freni in pista si può soprassedere ma in strada, vedremo.
Lasciata la pista si passa alla guida della manuale, su strada. Subito ci si scontra con l’impianto frenante, al primo incrocio che si trova e che richiede un arresto. Non si riesce a fare una frenata progressiva. Si tocca il pedale del freno e scatta un brusco e fastidioso blocco. Mhhh, proprio non ci siamo. Il cambio manuale invece piace tanto e complice una perfetta armonia con la frizione e il suo pedale per azionarla, si entra in simbiosi immediatamente. E’ un ritorno al passato, sarà meno performante rispetto al robotizzato, ma quanto fascino… Difficile sarà scegliere tra il primo con le sue prestazioni e il secondo tutto emozioni, ma anche se ben usato poco da meno, soprattutto su strada.
Il motore lo si tiene sulla mappatura da 400 cavalli e si gioca a tirare un po’ le marce. E’ alto godimento. Si tirano vicino a limitatore e la cambiata è super rapida, uahoooo! Si stacca l’ESP e si guida in libertà. Si parte da fermi: acceleratore giù, prima e seconda. La Dallara Stradale parte in sovrasterzo deciso ma si fa tenere con gas e colpo di controsterzo, facile, facile. La Dallara Stradale si decide di farla andare un po’ più svelta e anche se l’asfalto è vecchio e tanto segnato si viaggia spediti. Le curve che si susseguono vengono affrontate in modo spigliato e in quelle veloci c’è più piacere. In quelle lente bisogna muovere tanto il volante, uno sterzo un pelo più diretto o un volante dal diametro un po’ più grande si sarebbe apprezzato maggiormente ma siamo a parlare di quale olio sia meglio per il filo di cashmere scozzese! Le gomme fanno il loro lavoro onestamente. Il motore Ford invece si conferma anche su strada un gran mattatore. Si viaggia veloci e poi piano. Si apprezzano i grandi specchi, la visibilità del parabrezza in plexiglass (prima assoluta su un’auto stradale), i comandi delle frecce che per spegnerle devono essere premuti nuovamente, il giro d’aria perché la configurazione è da targa, poi c’è anche quella con sportelli e cabina chiusa. Rispetto alle altre automobili con la Dallara Stradale si viaggia rasoterra e anche questo piace. Manca lo specchietto retrovisore interno, forse averci messo un periscopio come si usava ci poteva stare, ma si sarebbe perso qualcosa come efficienza. Il tempo passa e chi sa resistere con questa auto a non premere sul gas? E allora si torna a viaggiare svelti. La Dallara Stradale è ben curata come assetto anche su fondi maltenuti e ben copia, non saltando, ma dire che lo sterzo o l'avantreno è il migliore fino ad oggi testato, sarebbe una bugia. Sia chiaro, è stata ottimamente sviluppata per la sua doppia anima (pista e strada) ma lo sterzo si vorrebbe più preciso, come un compasso. Il tempo passa troppo velocemente e si è tornati dove si era partiti.
Scesi e lasciata la Dallara Stradale, si tirano le somme.
Dallara ha creato l’auto da corsa omologata per uso stradale e questo, di questi tempi, è un miracolo.
La Dallara Stradale è diversa da tutte ma è anche vero che in alcuni dettagli un po’ di sviluppo e un po’ più di cura, male non le farebbero. Perché le manca pochissimo per essere uno Stradivari. Da non sottovalutare che ci sono kit di personalizzazone con cui si potrà...giocare per un fine tuning ad hoc. E forse questo per alcuni sarà un ulteriore divertimento, ma avere l'auto messa a..."puntino" ad alcuni potrebbe piacere di più, perché i capolavori sono tali quando nessuno tocca l'opera del genio. E di geni in Dallara ce ne sono tanti. A domanda secca: "potendo, conviene comprarla?" La risposta è si, perché è una dispensatrice di emozioni e in un mondo dove ce ne sono sempre meno...è proprio merce rara.
PS “detto tra di noi”: non ha lubrificazione a carter secco, si vorrebbe uno sterzo un po’ più fine con un po' più di ritorno, come sul cambio robotizzato qualche affinamento in più non sarebbe guastato. Tutto come si sa non si può avere nelle vita e chi si accontenta gode, ma sui freni qualcosa di meglio va fatto. Subito!
PS2 “detto tra di noi”: la Dallara è figlia di chi ha monopolizzato il motorsport. Oggi Dallara produce telai per F. Indy, F.1, F.3… Dallara lavora con Ferrari, Bugatti, Lamborghini…Il fondatore della Dallara è l’ingegner Giampaolo, classe 1936. E’ stato colui che ha creato la Miura, il capolavoro, con i suoi pregi e i suoi difetti che aveva incantato anche il mito Colin Chapman e di cui abbiamo una foto proprio con un giovane Dallara. Poi l’ingegnere di Parma ha iniziato a produrre telai per le vetture da corsa, specializzandosi sia sull’aerodinamica sia sui materiali, scalzando miti come Lola e March. Riuscendo in una impresa epica: scalzare gli inglesi dal motorsport. Oggi Dallara è una realtà importante, la più importante al mondo nelle competizioni automobilistiche, con stabilimenti in Italia (a Parma) e negli USA. La Stradale nasce per dare a Giampaolo Dallara, in occasione del suo ottantesimo compleanno, la sua prima auto con il suo cognome. Dicono che ne faranno solo 600. E poi basta. Ma potrebbe non essere così, perché si sa che la sazietà è merce sempre più rara e il team che è stato messo in campo per questa operazione ha elementi con una marcia in più che non andrebbe frenata.
PS3 Su questa iniziativa della Dallara c’è anche da raccontare che oggi produrre una vettura così per un piccolo costruttore è sempre più difficile a partire dall’omologazione. Perché i costi da sostenere sono diventati…insostenibili per chi non ha le spalle davvero grosse. Si dice che questa operazione da 600 vetture sia costata qualcosa come trenta milioni di euro!!! La Dallara Stradale è stata sviluppata molto con i simulatori a cui sono seguiti test su strada e su pista con alla guida Marco Apicella, pilota professionista dalle qualità indiscusse, e Loris Bicocchi, collaudatore specializzato su dream car come Lamborghini e Bugatti ma soprattutto uomo dal cuore generoso e dalla sensibilità nella messa a punto da riferimento.
PS4 L'incredibile crescita di Dallara come industria si deve anche a un uomo non noto a tutti: Andrea Pontremoli. Dopo essere stato al vertice di IBM, Pontremoli grande appassionato di automobili, è entrato in Dallara organizzando e seguendo l'ingegnere Giampaolo nel suo genio. La cosa curiosa è che oggi Pontremoli tratta e considera Giampaolo Dallara come il Commendatore di Modena o come l'Avvocato di Torino. E tutti in azienda seguono fedeli. Così al primo approccio fa un po' strano, ma ciò crea il mito. E Dallara oggi è davvero l'Ingegnere di Parma, mito, che mancava e che conferma che non c'è mai due senza tre!