Con l’uscita del CEO di Stellantis, Carlos Tavares, l’automotive europea segna un goal.
Ma la partita non è vinta, anzi. Perché se c’è chi pensa sia un grande risultato non si illuda, in quanto un conto è vincere una partita altro il Campionato.
E questo bisogna riuscire a portarsi a casa, perché solo così si continuerà a fare storia.
AAA cercansi allenatore per Stellantis ma non solo.
In Europa aleggia l’idea di fare come fatto nell’aeronautica con airbus sul finire degli anni sessanta, cioè creare un mega polo dell’auto. L’idea è intrigante ma mancano giocatori e tempo. Ricordiamo che airbus ha iniziato ad essere competitiva solo nel 1988 con l’avvio del A320, tra l’altro primo aereo al mondo dotato di fly by wire, e primo vero competitor del mitico e super venduto Boeing 737. Ebbene, ci sono voluti quasi vent’anni per arrivare ad aprire una porta che poi è diventato un portone con l’evoluzione 319, 321… e con l’arrivo del mega jumbo A380 e la messa nell’angolo di Boeing.
I giocatori per il mega progetto europeo dell’auto che più potrebbero spendersi sono Renault e Gruppo Stellantis ma anche i tedeschi, più Mercedes che BMW. Il punto è che ci vuole un uomo illuminato come lo è stato per Airbus Jean Luc Lagardere ad esempio ma anche una serie di ingegneri altrettanto svegli che identifichino prodotti strategici e competitivi. Il polo european carbus potrebbe sviluppare piccole auto per la massa, sul genere delle kei car giapponesi, spingersi su un veicolo mediano e poi sul lusso. Ma per fare tutto ciò ci vuole molto tempo che non c’è e una conoscenza del settore su scala globale superiore. Ad esempio sul concetto kei car: il loro costo varia tra i 9 e i 12 mila euro. Un po’ più di quello dei quadricicli. Una Panda costa tra i 12 e i 16 mila euro. Quanto margine rimane? In poche parole quanto conviene mettere gli europei su scatole di sardine a 4 ruote? E sul tempo quanto se ne ha? Per vedere i frutti di un polo industriale di questa portata ci vogliono almeno 3/4 anni e almeno 5 per essere competitivi con alla guida superman. E questo è un altro problema. Anche perché la concorrenza asiatica non corre ma vola. E per di più se rimarrà la volontà di spingere ancora sull’elettrico, ancor più difficile sarà. Ricordiamo pure la crisi di Northvolt, in bancarotta. Il sogno infranto del polo batterie europeo che sia di esempio: un conto è vivere di sogni, altro di vivere la realtà.
Oggi l’uscita di Tavares genera tante speranze e molti appetiti sia per veloci spuntini sia per grandi banchetti. Dipende dai circoli che si frequentano. Stando sulle torri, i francesi vedono una grande opportunità, ricordiamo che sia Stellantis sia Renault hanno il governo in casa; ma anche i tedeschi vedono possibilità per smarcarsi dalla crisi devastante che li sta travolgendo. L’Italia è appesa al Presidente Elkann, le cui braccia e gambe devono portarsi dietro pesi fuori misura. Terrà come si dice botta o mollerà tutto il nipote dell’Avvocato? La risposta la vedremo a breve e capiremo anche come entrerà davvero nella storia. Perché Elkann ha anche da giocarsi la carta USA, grazie alla presenza nel Gruppo di Chrysler e la possibilità grazie a questa di poter pensare anche unioni con Ford e GM che anch’essi non se la passano bene e quindi sono più aperti all’ascolto ma anche alle big tech che vogliono i robot taxi.
Non sarà facile vincere la partita e ancor più il Campionato. Niente tifoserie. Solo tanta attenzione perché il rischio vero non è tanto che l’automotive europea scompaia ma che si tiri appresso tutto il resto. E per tutto il resto si intende l’Europa.
PS 1 saperne di più su Tavares
Carlos Tavares, 66 anni, ha iniziato la sua carriera nel settore automobilistico in Renault e uno dei suoi primi incarichi importanti è stato lo sviluppo della Megane seconda serie. In poco tempo brucia le tappe e raggiunge i vertici dell’azienda, diventando uno dei più ascoltati manager dall’allora CEO Carlos Ghosn, finito dietro le sbarre per il suo “rapporto” con Nissan. Nel 2013 Tavares lascia Renault e passa in PSA (Peugeot-Citroen) e dopo solo un anno diventa CEO. In quegli anni razionalizza produzione e taglia dipendenti: aumentano i guadagni. Lancia il brand DS e nel 2017 riesce a prendere Opel che voleva anche Sergio Marchionne. Non passano due anni e arriva la fusione tra PSA e FCA: le due famiglie azioniste, i Peugeot e gli Agnelli vedono in lui l’uomo giusto. Nasce Stellantis e a Tavares viene dato il volante. Tavares ha ben 14 marchi da gestire: Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Jeep, Peugeot, Citroën, Opel, Chrsyler… a cui aggiunge anche il brand cinese Leapmotor. Nei quattro anni del suo regno non inventa nessuna auto di grande successo. Si concentra sulla moltiplicazione dei pani e dei pesci e sulla gestione delle fabbriche in ottica prettamente finanziaria: meglio un uovo oggi che una gallina domani. Il risultato è che per tre anni Stellantis offre guadagni ai suoi investitori da leccarsi le dita e anche per questo a lui viene consentito uno stipendio stellare. Poi i risultati scarsi delle vendite, la rete di vendita in sofferenza, le spese elevate tenute per lo sviluppo di piattaforme elettriche, accuse pesanti dagli Usa sui dati, la crescente preoccupazione delle maestranze e dei sindacati, portano il mago al suo ultimo numero.
PS Le azioni di Tavares
Per tenere vivi tutti i marchi Tavares ha giocato in modo molto particolare. Nel segmento B ad esempio, la Lancia Ypsilon è stata portata a un livello di costo inaccettabile per i più e se messa a confronto con la Opel Corsa con cui condivide lo stabilimento e tutta la meccanica non ha davvero senso. E infatti le vendite sono al lumicino. Ma non è un problema per Stellantis, perché viene prodotta in Spagna e se si ferma la produzione non succede nulla. Uno degli ultimi prodotti di Tavares è la Grande Panda ma è tanto simile alle SUV francesi da cui deriva e poi anche ad altre Fiat e Opel… In canna ci sono tante super ammiraglie elettriche, ma difficile è prevedere che ci sarà la coda per averle. Oggi Stellantis ha davvero un gamma prodotto troppo simile su tutti i brand: non è un problema di identità, è un problema di posizionamento e prodotto. Per uscirne quindi due sole soluzioni: o prendersi tempo e investire molto, oppure chiudere molti brand. A chi prenderà il suo posto un compito davvero arduo.
PS L’erede di Tavares
Nel mondo dell’auto è iniziata la caccia al sostituto di Tavares. C’è chi pensa che ci voglia un qualcuno grande esperto di auto e chi pensa invece che possa arrivare da un settore diverso. Secondo questa ultima tesi, viene portato come esempio il Ceo Vigna di Ferrari o Sergio Marchionne. Chiunque arrivi deve avere un bagaglio culturale fuori norma perché mai come oggi c’è una complessità davvero mai conosciuta prima. Importante sarebbe che venissero dati anche dei riconoscimenti economici in base ai risultati, non solo economici. Perché in questi ultimi anni si son visti troppi manager con poca etica e poca morale, solo impegnati sul vile denaro con tutte le conseguenzxe del caso.
PS Saperne di Più
Tavares lo si conosce da tanto tempo. Da quando era in Renault più di vent'anni fa. L’uomo è sempre stato un grande appassionato di auto e soprattutto di guida. Ma non è mai stato un super fenomeno tra le curve. L'apice della sua carriera l'ha avuto con l’opportunità di gestire Stellantis come N.1 in tutte le sue sfaccettature e li bisogna dire che ha manifestato parecchie carenze, con una faccia tosta notevole per i suoi stipendi da oltre 20 milioni di euro l'anno. Tra i diversi incontri che abbiamo avuto con Tavares uno ci convinse che non era uomo giusto: eravamo tornati sullo stesso aereo dalla Cina su Parigi ed entrambi andavamo al salone. Tavares aveva appena firmato un accordo per avere le batterie cinesi per la DS e non vedeva il momento di poterlo annunciare in Francia una DS elettrica. Ebbene, era tutto concentrato su questi prodotti elettrici che più di quindicimila pezzi non potevano fare e non sui milioni di auto che producevano le sue fabbriche. Ci colpì molto e gli chiedemmo il senso di enfatizzare veicoli da poche unità quando un colosso industriale come Psa aveva bisogno di auto come la 205 degli anni ottanta, un auto che permise a Peugeot non solo di non fallire ma addirittura di fare un sacco di soldi e garantire la mobilità individuale accessibile a milioni di europei, oltre che ad assicurargli lavoro e prosperità. Come lo è stato Il Maggiolino, la Golf, la Punto, la Panda, la 127… Reagì malissimo. Disse: “Non capire l’importanza dell’auto elettrica è gravissimo. Oggi possiamo offrire una segmento B elettrica sul mercato. Questo è il futuro”. Ribattemmo che non lo sarebbe stato perché le batterie arrivavano dalla Cina ed erano contingentate, i prezzi erano elevati, c’era il tema infrastrutture, autonomia… ma anche che stava lavorando sul concetto di trasformare l'industria europea non in un costruttore di auto ma in un assemblatore di auto. Rispose: “Vedremo chi avrà ragione.” Gli ricordammo che avevamo già avuto ragione su alcuni prodotti da lui seguiti nel passato e che la stampa serve anche a far tornare con i piedi per terra chi vola troppo....alto. Che dicesse insomma chiaramente il perché di queste scelte. Dopo un bel po’ di anni arrivò la 500 elettrica a Mirafiori. Altra discussione. Carlos Tavares oggi lascia. Le sue auto elettriche sono state tutte un flop. Compresa la Maserati elettrica. Ma quello che più dispiace è che non ha lasciato un prodotto vero, un prodotto da grande soddisfazione per consumatori e anche azienda e azionisti. Nell'ultimo incontro, sempre a Parigi lo scorso settembre, Tavares era davanti alle squallide Leapmotor: gli facemmo notare la ruggine sugli esili dischi freni, le ruotine da bicicletta, le lamierine della carrozzeria, la bandiera bianca alzata perché l'indiustria europea pur di avere una piccola elettrica era ricorsa ai cinesi per averla. Andammo via senza aspettare la sua riposta. Era chiaro che era finito pure il dessert.