Piede sul freno alla mobilità in Italia
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9 marzo 2020

o ci si ferma o ci si schianta

Divieti estesi a tutta Italia.

Conte: “Spostamenti permessi solo per lavoro, necessità o salute. Stop anche agli assembramenti. Chiusura scuole e università fino al 3 aprile, lo sport si ferma.”


Oggi deve essere chiaro più che mai che non bisogna ammalarsi per non sovraccaricare il sistema sanitario, perché non c’è spazio per tutti!

Non bisogna muoversi per niente ed è meglio mettersi in autoisolamento, super controllato!

Solo così si può vincere il Coronavirus e le complicazioni che ha generato.

La decisione del Governo di mettere gli italiani in mobilità controllata arriva come una bomba per molti ma non c’è alternativa. 

Non possiamo correre il rischio di ammalarci o semplicemente anche ferirci, perché molti ospedali non hanno più risorse da dedicare.

Oggi causa Coronavirus il rischio tutt’altro che remoto è che si possa morire anche per un infarto che non si riesce a curare come si dovrebbe, per una ferita normalmente operabile… C’è meno sangue in giro, gli oncologi sono arrivati a valutare per i malati di cancro cosa sia meglio tra il beneficio delle cure in ospedale e il rischio (altissimo) di infezione! 

Si deve capire che bisogna fermarsi!

Purtroppo paghiamo anche l’approccio semplicistico del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che con la sua folle comunicazione “Milano non si ferma” ha creato danni incredibili che dovrebbero indurlo, quanto meno, alle dimissioni, se avesse un minimo di coscienza e di vero senso civico.


E’ vero che paghiamo anche scelte scellerate di alcune regioni come la Lombardia con troppi ospedali privati e pochi posti di rianimazione. Andate a vedere quanti posti di terapia intensiva ha il mitico ospedale privato San Raffele di Milano e quanti l’ospedale statale Borgo Trento di Verona! Ma i numeri in gioco oggi per questa emergenza sono comunque troppi, anche se si fosse lavorato meglio e al posto di spingere la sanità privata e il business delle assicurazioni si avesse dato più valore al pubblico. 
 
L’amministrazione americana la scorsa settimana ha ordinato all’azienda 3M di produrre 35 milioni di mascherine al mese. Sì, avete letto bene: 35 milioni di pezzi al mese!

Il presidente Trump che ha minimizzato è in difficoltà. 

Trentaquattro stati degli Stati Uniti e il Distretto di Columbia hanno riportato infezioni della malattia respiratoria COVID-19 che può portare a polmonite, secondo i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC).

Trump aveva chiesto il 25 febbraio 2.5 bilions al Congresso ma gliene hanno dati più di 8! Gliene hanno dati quattro volte in più.

In Germania nelle aziende appena sentono che qualche dipendente è andato in zone a rischio lo mettono in quarantena da tempo. Hanno lavorato in silenzio ma hanno seguito chi diceva di prepararsi e sono stati tra i primi in Europa a capire il rischio dello stress ospedali.

Da noi avevamo invece personaggi come la direttrice del Sacco, Maria Rita Gismondo, che non mettevano nel giusto ordine le cose con tutte le conseguenze tragiche del caso. Non dimentichiamoci che la sua preoccupazione era sostenere che il Coronavirus non faceva più danno di una influenza! Per fortuna c’era Burioni! L’Italia buona.

 
Il non avere considerato con attenzione quanto succedeva in Cina e poi in Corea presenta il conto.
 
L’aver ignorato i moniti lanciati da gennaio dall’organizzazione mondiale della salute di prendersi per tempo non è servito a nulla.
 
Oggi siamo in trincea. 
 
Occhio, adesso c’è anche chi fa notare che in Cina le cose stiano migliorando. E raccontano che stanno chiudendo ospedali ma, attenzione: sembra si tratti di quelli ricavati dal nulla per le prime cure e quelle più leggere, dove molti medici si sono ammalati. 
 
Insomma, la si smette di essere arroganti, superiori sempre portati a pensare al troppo allarmismo.

E’ emergenza e bisogna cambiare atteggiamenti e vita fin quando non si rientra nella normalità. Senza panico, da essere umani veri non da struzzi. 

Si apra gli occhi, perché a tenerli chiusi ci si va a schiantare. 

 
Si sia vicini seppur lontani con un piede sul freno e una mano sul cuore.   

 

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