Il ministro dell’Ambiente sta pensando a un prezzo del gasolio attorno a 1.40/1.50, per disincentivare il consumo in quanto lo ritiene altamente inquinante.
Peccato che a livello emissioni CO2 un’auto diesel emette il 30% in meno di una benzina anche ibrida nell’uso.
Oggi siamo al paradosso che un’auto ibrida mild non paga il bollo mentre una diesel si. La cosa incredibile è che chi compra un’Audi RS6 nuova da 127 mila euro che emette più di 250 g/km ogni chilometro di CO2 non paga il bollo mentre chi ha un’Alfa Romeo Giulietta 1.6 diesel da 23 mila euro e che emette solo 118 g/km, quindi la metà, si trova pure a pagare il bollo!!!
In questi mesi tutti spingono per portarci verso la mobilità elettrica ma è notizia di ieri che la corrente elettrica aumenterà del 15,6%.
E sempre in queste ore si sentono voci dove l’eventuale rincaro del gasolio non preoccupa i petrolieri.
Ovvio, perché se si passa alla benzina se ne consumerà di più e quindi più consumo ci sarà più ci sarà guadagno, anche per lo Stato.
A questo punto appare chiaro che abbiamo dei super incompetenti al volante.
PS
Se il pensiero di alzare il costo del gasolio si trasformerà in realtà porterà una caduta di valore molto forte di tutto il parco auto diesel che migrerà all’estero a prezzi stracciati ma soprattutto toglierà lavoro a molti (meccanici-officine-revisioni).
Il ministro dell’Ambiente non è persona che lavora bene. Anzi. E non solo perché vuole portare il costo del gasolio sopra quello della benzina con la scusa: “lo si deve fare per l’ambiente”.
Al di là del fatto che un’auto a gasolio impatta molto meno sull’ambiente rispetto a una a benzina e ad una elettrica, ci sarà pure un danno sociale non indifferente per la filiera legata al post vendita. In particolare: ricambisti, meccanici e centri revisioni. Per non parlare anche dei venditori di veicoli usati che vedranno i valori cadere almeno di un 30-40%. Il tutto per agevolare delle tecnologie che non è dimostrato siano vincenti e di cui in Europa non si è leader. E il rischio concreto è che si ripeta l’errore delle rinnovabili quando vennero incentivate, non si dimentichi il caso del pellet.
Viviamo insomma in un Continente dove si stanno premiando le due ruote elettriche prodotte in Cina e altamente inquinanti e pericolose; dove si incentiva l’auto elettrica, il cui cuore pulsante le batterie arrivano solo da oriente e il cui impatto sull’ambiente non è zero e dove non c’è ancora chiarezza sullo stato reale della potenziale evoluzione (il rischio è di mettersi in casa prodotti acerbi e con un ciclo vita assai breve); dove in tantissime città fermano l’uso delle vecchie auto sempre con la scusa dell’ambiente (una Fiat 500 non può circolare che emette 150 g/km ma può invece girare una Porsche Turbo benzina da 500 g/km di CO2…) mettendo in difficoltà moltissimi; dove le strade pur essendo un gruviera si pagano come fossero levigate d’oro e dove quando si passa su un ponte si incrociano le dita affinché non cada.
Sulla mobilità che significa anche libertà si stanno prendendo decisioni senza pesarle nel loro complesso con rischi concreti dai potenziali costi altissimi. Molte Case automobilistiche giocano a nascondino e spingono per la mobilità elettrica costretti dalle normative, come quella folle sul calcolo delle emissioni della flotta immatricolata, ma anche perché molti sono in cerca di incentivi statali con cui possano ristrutturarsi. Molti manager aspirano più a raggiungere la pensione che a fare bene il loro lavoro e in questo momento conviene assecondare piuttosto che lottare perché poi quando non ci saranno più i nodi che arriveranno al pettine saranno problemi di chi verrà. L’ex Ceo di Mercedes Zetsche ne è un chiaro esempio: proprio questa settimana ha dichiarato che non assumerà l’incarico di presidente del consiglio di sorveglianza di Daimler. Lui che l’ha comandata e diretta negli ultimi dieci anni lascia. Daimler nel secondo trimestre ha registrato perdite per 1,68 miliardi, si vede obbligata a non produrre più berline negli USA e i 300 mila dipendenti non vedono davanti a loro un sereno futuro.
Alla classe politica bisogna chiedere maggiore impegno e professionalità ma anche a chi comanda importanti realtà industriali.
Da ACI pur essendo pagato attraverso tasse e non solo da tutti gli automobilisti che dovrebbe difendere, non fa uscire nemmeno un flebile dissenso a questa scelleratezza.