Sergio Marchionne, a soli 66 anni, saluta tutti.
Si perde un uomo schietto, come pochissimi altri, con i suoi pregi e anche i suoi difetti. Come tutti i grandi uomini.
Sergio Marchionne ha costruito un Gruppo da 236 mila dipendenti con più di dieci marchi sulle due sponde dell’Atlantico. Ha salvato la Fiat e la Chrysler ma ha anche messo in naftalina Lancia. Ha rilanciato Maserati ma con Alfa non è andata come sperava. Ha capitalizzato Ferrari e sfruttato Jeep che oggi è la vera punta di diamante grazie anche al suo braccio destro Mike Manley. Ma ha anche poco pesato il mercato cinese.
Un giorno, parlando con Lui disse che voleva fare il giornalista. Quando gli si chiese perché, rispose: “è più semplice fare le domande che dare le risposte”.
Lo si conobbe in giacca e cravatta e lo si vide però più volte con il maglione. Quando gli si chiese perché, rispose: “con la vita che faccio è più pratico. Un giorno sono qua un altro di là, il tempo che dedico a me stesso è davvero poco, troppo poco, perché c’è tanto da fare. Oggi il tempo non è mai abbastanza”. Ci fece salire con lui su una Croma. E lo accompagnammo in aeroporto. Noi salimmo davanti, Lui si butto letteralmente sul divano posteriore a…pesce! Nonostante fosse non stanco, di più, voleva sempre conoscere, sapere. Gli si parlava di prodotto, ma poco gli interessava. Acerbi eravamo noi, maturo Lui, perché all’epoca erano altri i nodi che doveva sciogliere.
Dopo alcuni anni a Detroit arrivò sullo stand Audi a fine giornata, e chiese lumi sui fari della nuova A8 di allora. Chiese chi fosse il fornitore, come fosse stato tradito. Un episodio questo curioso perché non amava per nulla i tedeschi di VW. E non gli piaceva andare a far vedere che c’era qualcosa che lo aveva colpito. Ci stupì non poco e quando andò via ci disse che deve migliorare sui fari! L’incipit era per Magneti Marelli. Perché c’è stato il Sergio Marchionne finanziere, il Sergio Marchionne politico, il Sergio Marchionne attento ai trend, il Sergio Marchionne guru sul prodotto auto.
Per un buon periodo scriveva testi e pubblicità pregnanti. La filosofia era una delle tante sue grandi passioni ma c’è stato anche il Marchionne attento al sociale.
Per alcuni anni era scatenato e cambiava il management con la stessa velocità con cui il sole sorge e tramonta senza quindi aspettare nemmeno la notte, che si narra porta consigli. Quando gli si disse è un “mangia uomini”, rispose: “in alcune situazioni bisogna solo agire e capita che non sempre si scelga la soluzione migliore”. Poi aggiunse: “l’hanno detto anche di Ferrari”.
A pensarci sono tanti i Sergio Marchionne che in quattordici anni si sono conosciuti e forse anche per questo ha fatto tanto, più di tutti. Su whatsapp ha messo da un po’ lo stemma Ferrari. Perché là gli batteva forte il cuore. All’inizio non lo dava a vedere. Guidare forte gli piaceva e con una rossa, una 599 GTB salì su un guard rail.
Era il 2004 quando arrivò. L’Avvocato Agnelli era mancato da un anno e tanti falchi volavano sopra Torino, su tutti Giuseppe Morchio. La situazione di Fiat era imbarazzante: il dopo Cantarella era stato fallimentare. Il management cambiava con la velocità della luce e gli equilibri tra Fiat e Fiat Auto si intersecavano pericolosamente, con una visione sul core business, quello dell’auto, messo in seria discussione.
Due uomini presero allora in mano la situazione, uno dai capelli bianchi e uno dai tanti ricci. Gianluigi Gabetti e John Elkann. I due trovarono buon passo e con il supporto del dottore, Umberto, uscì dal cilindro Sergio Marchionne.
Allora Fiat vendeva 1,7 milioni di auto, aveva ricavi per 47 mld di euro con una flessione quasi del 20% e perdite di 2mld con un rosso di 500 ml. Sergio Marchionne si presentò in giacca e cravatta accompagnato da Elkann e da Luca di Montezemolo al salone di Ginevra. Parlava poco, e di auto ancora meno. Ricordava nell’aspetto Gianni de Michelis e alla prima innocua domanda di cortesia su cosa gli sembrava il salone rispose: “la fiera delle vanità”. Passa un anno e nel 2005 Sergio Marchionne annuncia 18 miliardi di euro di investimenti, il lancio di 20 nuovi modelli e il restyling di altri 23. Da semaforo verde alla 500. C’è da decidere quante se ne faranno perché lo stabilimento più di tanto non potrà dare. Ma Marchionne in quegli anni è un razzo nel prendere qualsiasi decisione e anche nel far patire molti manager. Sceglie la Polonia. 130 mila al massimo può dare quello stabilimento ma nessuno è sicuro sul numero delle 500 che si venderanno. Lui decide e poi ne farà fare di più. Un giorno si capitò a Mirafiori e nei lunghi corridoi si sentiva la sua voce gridare e imprecare. C’è chi avanzava lungo i corridoi strisciando. All’epoca c’era chi raccontava che non era facile lavorare con lui. Che non c’erano sabati e domenica. Che o si era sempre con Lui o non andava…bene. Si arriva al 2009. Gli Usa vanno sotto acqua e il mondo entra in crisi. Marchionne si lancia alla conquista di Chrysler che gli riesce grazie all’empatia con Obama ma soprattutto al suo modo di presentare le cose. Fiat aveva appena lanciato il bicilindrico, gli USA erano in piena crisi. Fiat aveva da tempo la tecnologia del twin air. Marchionne inizia a raccontare negli USA che piccolo è meglio e che bisogna smetterla con i motoroni. E’ iper convincente e il concetto del downsizing spopola. Obama ci crede in quest’uomo e nella tecnologia che gli presenta. Quello che il Centro Ricerche Fiat ha partorito diventa il suo grimaldello. L’1.4 turbo una forza della natura. Una sera prima dell’apertura del salone di Detroit si entra in una sala e lo si trova a proiettare immagini dirompenti davanti ad una sala fredda. C’è un pony e un grande cavallo, c’è un bambino che sorride, c’è un tramonto e per ogni immagine una frase d’effetto! Quando conclude l’intervento le mani si spellano e la standing ovation dura mezz’ora!!!! Lo si rivede pochi giorni dopo con una cartella sotto braccio. Deve convincere della bontà della tecnologia Fiat per ridurre consumi ed emissioni. Incontra uomini di Obama specializzati sulla crisi auto. Ci riesce. Nasce FCA, Obama si fa fotografare in fabbrica con Lui!
In quegli anni è indemoniato, convoca una conferenza stampa durante il salone di Detroit. Poi la disdice. I giornalisti americani lo mandano a quel…paese. Ma dopo solo un anno si ricredono e lo portano in palmo di mano.
Marchionne c’è chi lo odia e c’è chi vede in Lui un ciclone dirompente con un approccio diverso dal solito e c’è chi inizia a pensare che il suo sistema funziona perché in perfetta sintonia con i tempi.
Nel 2011 chiude Termini Imerese. Poi parte il piano Fabbrica Italia. Da un motore in alluminio all’Alfa come ai bei tempi. Le ama le Alfa quanto le Ferrari. Ha fatto la Mito, la Punto travestita con il Biscione. Ma ora investe sul premium. C’è Fiat e porta la Panda a Pomigliano. Investe in Italia. Ma anche in Serbia e fa crescere la famiglia 500. Il business gira. Attenzione, promette e anche non mantiene. Cambia. Si fa crescere la barba. Si pensa a quanti Sergio Marchionne si sono visti, conosciuti. Tanti ma sempre tutti schietti. L’altalena sembra essere il suo gioco preferito e quando gli si chiede perché alcune cose non sono andate o perché ha cambiato idea sposa “la teoria del Cigno Nero”. Tutti zitti perché dice verità: viviamo in un mondo dove tutto può essere messo in discussione. Sempre durante in incontro cita il caso Kodak: chi mai avrebbe pensato che sparisse? Il suo capolavoro è la quotazione di Ferrari che doveva valere 8 miliardi. Oggi viene valutata quasi tre volte tanto!
In quattordici anni alla fine si può dire che non c’è stato un solo Sergio Marchionne ma almeno dieci Sergio Marchionne. Tutti autentici. Per quattordici anni ha stupito, ha fatto sognare, ha imposto il suo approccio. Tanto da far dire che l’era Marchionne rimarrà per sempre e che chiunque ha avuto la fortuna di incontrarlo sulla sua strada qualcosa ha ricevuto. E quindi rimane solo da dire: grazie.