In molti si domandano quale sarà il futuro dei motori aspirati.
Per quanto riguarda i benzina è certo che gli aspirati avranno futuro sulle piccole vetture, perché i motori aspirati costano poco, ma anche su vetture più grandi perché la scuola di pensiero giapponese con la tecnologia del full hybrid li ha rimessi in gioco con il ciclo Atkinson o Miller*.
E per quanto riguarda le supercar e le sportive ci saranno ancora motori aspirati?
Qui la risposta si fa complessa perché tutti i costruttori stanno servendo un cocktail micidiale, creato dal marketing e bevuto dai clienti delle supercar inconsciamente.
Spieghiamoci: l’industria automobilistica in questi ultimi anni ha visto che basta dichiarare cavalli che tutti se li bevono senza se e senza ma. Non facendo alcuna differenza nemmeno sul tempo a disposizione che si ha per goderseli.
I clienti delle supercar negli ultimi anni sono cambiati con l’ingresso di molti giovani che hanno gran poca cultura tecnica, guardano alle prestazioni istantanee e sono molto influenzabili.
Quindi perché fare motori aspirati raffinati e costosi quando si accontentano?
Entriamo nel merito con esempi concreti, per capire meglio.
Il Gruppo Volkswagen negli ultimi anni ha messo a punto un V8 di 3996 cc biturbo che serve dalle Audi alle Porsche e si esprime pure su una Lamborghini! Dalle SUV alle station wagon fino alle berline, il V8 biturbo di 3996 cc del Gruppo Volkswagen è davvero un “Manny tuttofare”. Il Gruppo Volkswagen con un unico motore copre tutto e l’operazione si può dire sia perfettamente riuscita. Sia la Urus sia la Q8 nonché Cayenne e Panamera ma anche la RS6 dotate dello stesso motore vendono, quindi: è il massimo. E’ come se con una “bibita” si riuscisse ad eliminare lo champagne, il vino, i liquori…la grappa! E’ come se la maggior parte dei consumatori avesse il palato anestetizzato e non cogliesse più le differenze.
Ma attenzione, anche BMW ha fatto lo stesso. Ha abbandonato lo stratosferico V10 che aveva i pistoni più veloci della terra per le auto stradali e che tirava ben oltre quota 8 mila, per passare a un V8 che serve le M ma anche le non M e che oltre i 6000 giri gran poca emozione offre. Tra l’altro nella guida su percorsi misti stradali richiede un uso maggiore del cambio per tenere il motore nell’arco di regime limitato, più redditizio. Perché sempre detto tra di noi, i turbo hanno oggi coppia in basso, hanno tanta potenza, ma non offrono quella erogazione che toglie il fiato con il crescendo rossiniano tipico degli aspirati. E’ un po’ come con le elettriche: fanno sì prestazioni incredibili, hanno sì tanti cavalli, ma durano poco o e hanno acceleratori on-off. E se questo va bene ugualmente ai clienti è meglio per chi le costruisce. Perché avere “motori tutto fare” per più modelli significa più guadagni e molti meno investimenti.
Ma quale è il vero motivo per cui si è arrivati a questo?
E’ molto semplice, per comodità, faciloneria e anche un pizzico di ignoranza generale dovuto al fatto che tutti pensano di sapere tutto o meglio poter dir la loro su tutto. Gli ingegneri motoristi non sanno spiegare bene i pregi e i difetti tra una soluzione e un’altra, a partire dal concetto che un conto è guidare in pista altro su strada. Un’auto che va ben forte in pista su strada può rivelarsi una…chiavica e viceversa. E questo è un punto molto importante. In più chi dovrebbe far vedere le differenze è sempre più relegato nell’angolo da presidenti più attenti ai costi che alla tecnica. I presidenti, inoltre, vengono continuamente incalzati da uomini del marketing, per i quali vendere mattonelle o automobili è la stessa cosa, e che hanno dimostrato che giocando con una informazione poco dotta e sfruttando il fenomeno “influencers” improvvisati si riescono oggi a vendere anche i... frigoriferi agli eschimesi.
Insomma, nel settore automobilistico delle supercar sembra proprio che i palati dei clienti non riescano più a percepire nulla, che: “guidare una o l’altra non cambia”. E detto tra di noi, sono proprio tanti a non essersi resi conto che come risultato finale sembra solo ci sia un po’ più di turbo o un po’ meno a seconda di come i tecnici abbiano mappato il motore! Roba da tuning degli anni novanta.
Quindi se va bene ai più, poi andrà bene a tutti. Perché oggi si ragiona così. E non sembra solo per quanto riguarda i motori. Peccato, che, alla fine di tutto, si andrà indietro invece di andare avanti.
Se volete sapere quali sono i cinque motori che più mi hanno entusiasmato nel settore delle top car in questi ultimi quindici anni eccoli:
1) Il 10 cilindri 4999 cc della BMW da 507 cavalli. Un motore che raggiunge la potenza massima a 7750 giri ma che non perde fiato fino a 8250 giri! Grazie a una curva di potenza che non presenta le discontinuità della sovralimentazione. I pistoni di questo motore vanno a 20 metri al secondo e le valvole rimangono completamente aperte per 120 millisecondi! Traduzione: a ogni pressione sull’acceleratore corrisponde un’immediata, anzi fulminea, reazione. Montato sulla M5 dava la birra a tutti. E grazie al telaio ben fatto della vettura con parti in alluminio sull’anteriore era un piacere per come si poteva guidare. L'Audi RS6 che uscì dopo, tutta in ferro, sembrava un camion e il motore biturbo sì spingeva, ma era solo un on-off. Un incubo su strada. E la Mercedes Classe E AMG con il V8 con una manciata in più di cavalli rispetto al V10 bavarese? Era come fare i 100 metri in ciabatte. Il V10 BMW giusto per ricordare a 3500 giri aveva un gradino sulla curva di coppia importante che gli faceva cambiare passo. Quindi da 3500 a 8250 giri tanto dava. Pertanto si avevano quasi 5 mila giri di utilizzo entusiasmante. Oggi con un turbo ben fatto quando va bene si hanno 3 mila giri di utilizzo davvero efficace. Quasi la metà!
2) Il V8 dell’Audi R8 era un altro punto di riferimento e veniva usato anche sulla RS4. Ma, state ben attenti: sulla R8 aveva la lubrificazione a carter secco e i pistoni ancor più veloci si muovevano grazie anche a una aspirazione degna della cura di Stradivari con tromboncini in alluminio da 23 centimetri e cassonetto con due filtri, uno per fiancata. I cavalli erano sempre 420 sia sulla R8 sia sulla RS4 ma la curva di coppia cambiava con un piatto da 4500 a 6000 giri. Traduzione: allungo fino a 8250 che era il regime massimo ma con una spinta continua e imperiosa da far spavento e che permetteva sorpassi impossibili per tutti ma non per chi aveva questo mostro dietro la schiena, perché se si calcolava bene lo spazio non serviva mai un cambio marcia, dove si perde tempe. In parole semplici con questo motore: l’impossibile diventa possibile.
3) Il V12 Ferrari sia nella versione da 5999 cc, sia in quella da 6496 cc e ovviamente nel 6262 cc. Tutti con quote da bombole d’ossigeno! Il 5999 che servì anche la Enzo nella 599 era stato oggetto di un attento sviluppo sul sound e su questo bisogna aprire un’altra parentesi importante: gli aspirati suonano, i turbo borbottano. E siccome alcuni si sono lamentati ecco che tra marketing e furbetti del quartierino sono nati i suoni virtuali, addirittura amplificati con le casse dello stereo!
4) Tra i motori più belli non può mancare il sei cilindri Porsche. In assoluto il titolo di “migliore dei migliori dei 6 Boxer made in Stoccarda” va a quello della GT3 aspirata da 520 cavalli con regime a 9 mila giri. Un vero capolavoro su cui gli occhi, se hanno la fortuna di vederne lo spaccato, rischiano di rimanerci per ore facendo dimenticare di respirare, con tutte le conseguenze del caso. E quando ci si ritrova a pestare sull’acceleratore che comanda un cuore tanto generoso, è un altro rischio perché il fiato è sempre lì a mancare. Con quella GT3, qualsiasi rettilineo sembrava sempre troppo corto.
5) Il V8 biturbo Ferrari. Il migliore turbo di tutti turbo. Ma giusto per capirci: quando venne fuori il V8 biturbo Ferrari lo si apprezzò tantissimo. Non aveva praticamente turbo lag, tirava bene su un arco di regime un po’ più ampio rispetto ai motori biturbo fino ad allora provati, la risposta all’apertura dell’acceleratore c’era sempre... in Ferrari avevano davvero lavorato non bene, di più.
Andando più indietro e rimanendo ancora sul tema “motori mito” non si può non ricordare il 4 cilindri 2.3 della M3 ma anche il 4 cilindri Cosworth turbo della Sierra, il V8 della F40, turbo, che tirava delle botte da far pura ma aveva un regime di utilizzo ridicolo. Ma anche tanti e tanti altri di cui ne parleremo ancora.
Scendendo dall’Olimpo delle super auto bisogna in ogni caso rimarcare che il turbo benzina è una grande invenzione perché ha reso “speciali” motori “normali” grazie anche all’iniezione diretta. E ha permesso oltre all’incremento delle prestazioni consumi inferiori. Un grande merito va al Gruppo Volkswagen che ha aperto le porte del paradiso al popolo. Con il 2 litri turbo a iniezione diretta presentato a metà anni duemila ha fatto scuola. E oggi permette a tutti di avere addirittura motori mille che vanno come dei duemila. Ma questa è un’altra storia che merita un approfondimento.
*Il ciclo Atkinson
Le origini del ciclo Atkinson risalgono al lontano 1882. E’ un sistema che permette una combustione magra. Nel settore automobilistico non ha mai incontrato successo fino alla fine degli anni novanta perché aveva gran poca coppia ai bassi regimi. Con l’avvento però del doppio motore, l’ibrido Toyota, benzina ed elettrico, ha iniziato ad avere un suo perché, in quanto il motore elettrico interviene nel range più critico e sopperisce così alla cronica mancanza. Oggi tutte le ibride Toyota utilizzano il ciclo Atkinson e anche altri modelli di Case rivali. Ma attenzione che c’è anche un altro risvolto negativo di questi motori: le emissioni. Non a caso molte ibride ancora oggi non hanno filtri antiparticolato a differenza delle auto non ibride. Per la serie viviamo in un mondo non certo perfetto anche riguardo all’ambiente di cui però sempre più si professano difensori.